martedì 7 agosto 2012

Recensione: "Diciannove minuti" di Jodi Picoult

Ho da poche ore terminato la lettura di un romanzo splendido, uno di quei romanzi che ti perseguita, a cui non riesci a smettere di pensare per tutta la giornata perchè i fatti raccontati sono così tremendi che non puoi evitare di chiederti come agiresti tu se fossi colpita da una tragedia di queste dimensioni, e la sola ipotesi fa un male indescrivibile al cuore. Sto parlando di....






Titolo: Diciannove minuti
Titolo originale: Nineteen minutes
Autore: Jodi Picoult
Prezzo: 19,60€
Pagine: 616
Data di pubblicazione: Maggio 2008
Editore: Corbaccio
Scheda aNobii del libro: 
voto in stelline: 5 +






Trama:

Sterling è una tranquilla cittadina americana dello New Hampshire dove non succede mai nulla, fino a quando accade l'impensabile: un ragazzo di diciassette anni, Peter Houghton compie una strage di studenti nel suo stesso college. Cerca a sua volta di uccidersi, ma la polizia riesce a impedirlo e lo arresta. Con il 'mostro' sbattuto in prima pagina e in prigione, l'intera comunità - genitori, amici, fidanzati, conoscenti delle vittime - straziata, fatica a fare i conti con una realtà peggiore di un incubo: vite stroncate, altre storpiate, deturpate per sempre. Per ironia della sorte, tra i feriti c'è anche Josie Cormier, testimone chiave e figlia del giudice incaricata del processo. E fra i professori del college c'è il padre di Peter, che da bambino era amico di Josie. Ciascuna delle persone coinvolte tenta, fra passato e presente, di comprendere i perché di ciò che è successo in un dialogo a più voci intenso e spiazzante perché fa capire come la realtà sia perversamente complessa, come gli studenti modello possano rivelarsi degli aguzzini e come i mostri possano rivelarsi vittime disperate, in un'età in cui quanto è maggiore il bisogno di amore e comprensione, tanto minore è la capacità di mostrarlo, un'età in cui le insicurezze spingono al conformismo che non tollera diversità. Sono tante le domande che pone Jodi Picoult e sono tutte importanti: è possibile che un figlio possa dimostrarsi un perfetto estraneo agli occhi dei propri genitori? Che cosa significa essere diversi nella nostra società? Fino a che punto può arrivare il desiderio di vendetta da parte di una vittima? E soprattutto: che diritto ha, chiunque, di giudicare gli altri? Ancora una volta Jodi Picoult sa trovare le parole giuste per raccontare storie scomode, difficili, ma autentiche e urgenti.


cosa penso del libro:

Dopo la sparatoria nel cinema di Denver, e ad un anno dalla strage di Oslo, quando mi sono imbattuta in questo libro in biblioteca ho capito che era giunto il momento di affrontarlo. Di certo non c'è un motivo unico che spinge una persona a sparare su una folla di innocenti, ma ho pensato che potesse essere comunque interessante leggere dello scenario immaginato da questa talentuosa autrice, tra l'altro molto professionale in quanto so che è solita documentarsi a fondo quando scrive i suoi libri, e verifica attentamente ogni dettaglio della storia affinchè sia totalmente plausibile. Di certo non mi aspettavo il totale e assoluto coinvolgimento che ho provato nei confronti di questo romanzo, la tristezza, l'angoscia e la paura che mi ha causato non erano affatto previsti.
Nelle primissime pagine avviene la sparatoria su cui ruota tutta la storia, non c'è nessun dubbio su chi abbia sparato, dato che Peter, questo è il nome del "mostro", è stato filmato dalle telecamere di sorveglianza nonchè trovato con l'arma ancora fumante in mano dal detective incaricato dell'indagine. Lo scopo del libro è condurre passo passo il lettore a capire come il gesto apparentemente assurdo e assolutamente condannabile del protagonista non sia stato il frutto marcio di una mente malata, ma l'esito finale di anni di vessazioni e frustrazione. I morti potrebbero sembrare vittime innocenti falciate da un demonio, ma pian piano, attraverso un'alternanza di capitoli ambientati nei mesi successivi alla sparatoria con capitoli ambientati anni prima del fattaccio, scopriamo che alcuni di loro non erano affatto bravi ragazzi.
L'autrice ha il dono di infrangere tutte le certezze del lettore: rimango ferma e convinta che un omicidio non è perdonabile, ma leggendo ho sofferto così tanto per i maltrattamenti e le umiliazioni subite dal protagonista che mi sono addirittura stupita che avesse resistito così a lungo senza fare qualcosa di drastico.
Largo spazio è lasciato, nel libro, alla storia e ai sentimenti di Lacy, la madre dell'assassino. Il suo dolore è quasi palpabile, si parla di una donna che scopre di aver sbagliato tutto, di aver cresciuto e amato un ragazzo che adesso l'intero mondo odia e accusa di aver spezzato vite innocenti. Lei si sente in colpa, ma peggio ancora si sente sola perchè anche lei nei 19 minuti della sparatoria ha perso un figlio ma nessuno piange per lei, tutti la additano e la insultano per via del figlio che ha messo al mondo. Credo che quella che si realizza per Lacy sia la paura più grande per una madre, peggio ancora di perdere un figlio: lei arriva a rimpiangere che suo figlio non sia morto. Leggere i suoi pensieri è stato davvero straziante.
Questo libro è dedicato dall'autrice a tutti quei ragazzi che non si conformano, che hanno pochi amici e per cui diventare adulti non è facile. Per questo, oltre a scrivere un bel libro, la Picoult lo infarcisce di insegnamenti e messaggi importanti. Per esempio capiamo che non sempre le azioni hanno sugli altri l'effetto che speriamo, che spesso mentiamo a noi stessi negando verità scomode, che anche quello che sembra chiaro e palese spesso nasconde una verità che non possiamo neppure immaginare. Infatti il romanzo si conclude con un bellissimo colpo di scena, l'attenzione non cala fino all'ultima riga.
Super consigliato.


Giudizio finale espresso con una bocca affamata:

Possiedo una collezione di bocche abbastanza vasta, non so neanche spiegarmi in perchè, semplicemente mi piacevano e le ho salvate in una cartella. Comunque dato che, com'è ovvio, non ho mai avuto occasione di utilizzarle, ma le trovo tutt'ora molto belle ed espressive, ho pensato che potessero tornar utili per sintetizzare il mio pensiero sul singolo libro. Ci provo!
La bocca adatta a "Diciannove minuti" è questa:


Probabilmente mangiare una lametta sarebbe stato meno doloroso di leggere questo libro. Ci sono così tante persone devastate e distrutte, e per così tante ragioni diverse, che non si capisce per chi provare maggiore pietà. 


Dopo questa difficile recensione vi auguro la buona notte!
Ovviamente sono curiosissima di leggere le opinioni di tutti!

Avete letto questo libro? Cosa ne pensate? Lo avete in wish list?

Come sapete ho abolito le captcha, quelle fastidiose parole chiave che bisogna inserire quando si lascia un commento, quindi farmi sapere la vostra opinione non vi richiederà che pochi secondi!

Fede

5 commenti:

  1. Non conoscevo questo libro, ma dopo la tua recensione penso proprio che lo leggerò. Credo che a volte sia necessario immergersi anche in queste tematiche.

    Ho sentito parlare anche di "Dobbiamo parlare di Kevin", di Lioner Shriver, che dovrebbe trattarsi di un libro con argomenti simili, anche se affrontati diversamente. Tu l'hai letto?

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    1. Non o conoscevo ma mi informerò. Di certo per un bel po' non leggerò qualcosa di simile. Mi piace cambiare genere e affrontare un po' tutti i temi ma dopo ho bisogno di tempo per riprendermi ^_^

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    2. Ti capisco, anche io dopo certi libri ho bisogno di un periodo per riprendermi! :)

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  2. Interessante, mi sa che finisce dritto in WL :-)

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